Nuovo Inner Game (part II - ACCETTARSI TOTALMENTE)

@LoSpagnolo 3895 wrote:

Giacomo questa risposta va nel Best OF!! :smiley:




Ottima risposta quella di Giacomo : te, spagnolo, ti allinei ?

Secondo me la risposta alla domanda sta nella definizione Aristotelica di uomo: zoon politikon.



Che stai tranquillo che se avevi figa, ed eri socialmente soddisfatto. Non stavi qui a leggere il forum.



Luca.



P.S. Mi riferisco a tutti, è un “tu” impersonale.

Andiamoci cauti con le definizioni aristoteliche!



Quello che intendevano i greci con animale politico non c’entra nulla con la socialità; la confusione nasce da S.Tommaso in poi, che traduce politico in sociale:

“homo est naturaliter politicus, id est socialis”;



ma questo è un fraintendimento totale; spiegare il perchè in poche righe è arduo, ma, in sostanza, per i greci l’agire politco era tale da escludere qualsiasi cosa fosse meramente necessaria e/o utile; il bios politikos dava all’uomo una seconda vita, che non si svolgeva piu’ sul piano della sopravvivenza/riproduzione, ma nella ricerca della gloria e dell’immortalità, data dal ricordo che i posteri avrebbero conservato delle gesta degli eroi passati!



Fin quando si è nella socialità, cioè ci si allea con altri esseri umani per bisogno, si è uguali agli animali; si rimane alle necessità biologiche. Solo la politica da all’uomo la possibilità di vivere una vita autenticamente umana, contrapposta quindi all’animalità, in cui ci si svincola finalmente dal giogo della necessità.



Non mi dilungo ulteriormente che siamo del tutto in off topic, ma, a chi fosse interessato, posso inviare un mio scritto sull’argomento.



Nad84

@Kierkegaard 3906 wrote:

Secondo me la risposta alla domanda sta nella definizione Aristotelica di uomo: zoon politikon.



Che stai tranquillo che se avevi figa, ed eri socialmente soddisfatto. Non stavi qui a leggere il forum.




Ah… Buona questa… E perchè no?

Nad io l’ho sempre detto che sei un pozzo di cultura. Grazie per la correzione. Sono comunque certo che hai capito cosa intendevo, di certo mi avrà capito S, Tommaso.



E come lui, io credo solo a quello che vedo. E quello che ho visto in un forum di seduzione italiano con 1200 iscritti è che la gente appena risolve i suoi problemi sparisce dal forum. Questo per rispondere a Giacomo. E comunque sempre con le dovute eccezzioni.



Kierkegaard

ok, mi era sfuggita questa discussione ma ora che l’ho vista DEVO dire la mia :smiley:



le differenze tra non-accettazione, automiglioramento, insoddisfazione, sono molto sottili. ma ci sono :rolleyes:



sull’automiglioramento, in realtà già nel miglioramento sta insito il fatto che venga da se, poichè gli altri non possono mai migliorarci, siamo semmai solo noi che possiamo cambiare a contatto con l’esterno, il miglioramento è un discorso attivo e basta. il miglioramento personale è fatto da due aspetti:

  • mi depuro da ciò che di sbagliato ho appreso (= mi libero)
  • apprendo cose che mi fanno crescere in sapere ed esperienza (= cresco)
nessuna, e ripeto nessuna, può svolgersi bene senza accettazione di sè.
e qui, vorrei sottolineare che la spinta, quel fuoco che abbiamo che ci sprona a cambiare, a crescere, non è non-accettazione di sè, o comunque non dovrebbe esserlo, altrimenti è un disastro.
la spinta che alcune persone hanno (e credo che qui ci sia un'alta concentrazione di questo fuoco) è l'ambizione.
l'ambizione è insoddisfazione. ma non una semplice insoddisfazione, è un'insoddisfazione che la sa lunga, è quell'insoddisfazione che tende a qualcosa di diverso, non è semplice fastidio.
in psicologia spesso si parla di personalità che sono spinti ad agire per "allontanarsi da qualcosa" e personalità spinte ad agire per "avvicinarsi a qualcosa", ebbene, queste due sono quelle che hanno ambizione.
chi non ha la spinta, avrà una smeplice insoddisfazione, ma non può migliorare perchè fondamentalmente non vuole migliorare, sta bene così, si crogiola in un'insoddisfazione che in fondo in fondo non lgi dispiace.

e qui, c'è da fare un'altra precisazione.
il non accettarsi è qualcosa di interno
l'ambizione, è relativa a risultati esterni
capite la differenza sostanziale?.

il nucleo, la nostra personalità, deve essere armonica, allineata, congruente, in piena accettazione di sè. con questo presupposto si può lavorare sul far allineare anche le manifestazioni esterne con il nostro io, con la nostra libertà interna.

per questo se una persona fosse totalmente in accettaizone id sè, per paradosso miglirerebbe ad una velocità spaventosa, perchè non si perderebbe in ragionamenti inutilmente negativi, sarebeb armonic ainternamente, dovrebbe occuparsi solo di far fuoriuscire questa amronia interiore.
ma questo è quasi impossibile, tutti noi quando ci approcciamo al miglioramento personale abbiamo buchi un po' ovunque, sia in quanto a congruenza ed amronia interna, sia in quanto a comunicazione esterna di chi siamo.
ma se ci pensate è proprio quello che qui cerhciamo di fare:
inner game (armonia interna) e outer game (congruenza esterna con l'io interno)


il fatto poi, che spesso la gente una volta "risolti" i propri problemi non frequenti più il luogo che l'ha aiutato a liberarsi e crescere, beh, credo sia dovuto all'egoismo umano (che non critico assolutamente), e su internet è molto più palese perchè si esplicita in modo molto più rapido: ottengo quel che voglio, e passo oltre.
ma in realtà funziona così nei forum che sono impostati così, che mirano alla risoluzione di particolari aspetti.

Ti ringrazio. Sei stato molto chiaro, come sempre.



Kierk.

Aptero, tutto sommato condivido, ma rimarco che :


  1. Il confine tra l’ accettazione di sè e la mancanza di ambizione con conseguente non attivarsi per migliorare è labile ;
  2. Il confine tra la non accettazione, e l’ ambizione, è altrettanto labile .



    Conosco molte persone che non sono soddisfatte di vari aspetti della loro vita (non accettazione), ma non si sbattono più di tanto per risolverli (mancanza di ambizione) . Ne conosco molte meno, anzi, diciamo nessuna, di gente che fa l’ esatto contrario, ovvero è ambiziosa, si migliora anche in modo netto, ma comunque non si accetta ancora.



    Sebbene entrambe queste categorie di persone siano “imperfette”, trovo decisamente peggiore la prima, se non altro per il principio secondo cui fare è sempre meglio che non fare (fare ovviamente cose utili e costruttive).



    Personalmente non do grande valore a quale sia la molla che genera l’ automiglioramento, l’ importante è farlo, dopodichè il proprio grado di autoaccettazione inevitabilmente salirà .



    Provo a porgere un’altra domanda, molto correlata a qualla appena discussa.



    A uno che non si accetta totalmente, anzi, che non si accetta per nulla, cosa suggeriresti di fare per arrivare alla totale accettazione di sè ?

Premetto: sarà lunghetto! :stuck_out_tongue:



Dunque, per iniziare quoto Giacomo: la non accettazione è al 99% frutto del confronto con l’esterno; e per capire questo, basta fingersi un ipotetico Robinson Crusue, sulla sua bella isola deserta, la sua preoccupazione principe è il capire come fare a sopravvivere; egl si preoccupa di scacciare gli animali feroci, e di trovare cibo che lo sfami a sufficienza; Robinson non ha problemi di accettazione di sè.



Il problema si inquadra a partire dalla classica analisi di hegel: ogni coscienza è autocoscienza, che si forma tramite il rapportarsi del soggetto con l’oggetto; in altri termini, è il frutto dell’incontro di ogni persona con la realtà e con le persone di cui essa è popolata.



E’ indiscutibile che l’identità di un soggetto sia frutto del rapporto con gli altri; è tramite il confronto, il dialogo, lo scontro, che noi riusciamo a porre noi stessi come distinti dal resto degli altri, ponendo l’io da una parte, il non-io dall’altra. In altre parole, la nostra è un identità sociale: tutto quello che un uomo deve imparare all’inizio della sua vita lo impara per imitazione: si impara a parlare imitanto i nostri genitori che parlano ( o chi per loro); sviluppiamo le nostre preferenza, i nostri gusti, le nostre abilità per via imitativa. E questo ce lo portiamo per il resto della vita: anche quando non abbiamo piu’ bisogno di tale confronto, continuiamo a percepire la necessità di un’approvazione delle nostre azioni dall’esterno, la necessità di un riscontro.



A questo punto la domanda di partenza: perchè uno non si accetta? Questa deriva dal mancato incontro tra l’idea che abbiamo di noi stessi, e l’idea che ci ributtano in faccia gli altri.



La questione capirete che è problematica, perchè butta in campo temi quali “che cosa/ chi sono io?”, e “chi/che cosa sono io per gli altri”?

Domande a cui non può realmente rispondere; nessuno di noi può sapere cosa è, dal momento che non si può porre come oggetto, essendo in prima istanza soggetti; dobbiamo quindi porre una finzione teorica:


  • io noumenico da una parte, cioè quello che noi realmente siamo, e che solo una divinità potrebbe comprendere dall’alto della sua onniscenza



    -io sociale, e sue relative incarnazioni ( o maschere, in gergo pirandelliano)



    Quello che non accettiamo è l’io sociale; quello che non accettiamo sono i risultati dell’interazione sociale.



    Dopotutto, perchè ci iscriviamo a forum di seduzione? Perchè la nostra immagine sociale non è rimorchiante; ci scontriamo con un dato “oggettivo”, cioè il fatto che non scopiamo, o non scopiamo abbastanza, o non scopiamo chi diciamo noi (o cose simili)



    Non troverete mai nessuno che non accetta le sue reali (ponendo che siano accertabili) caratteristiche:



    poniamo una persona cui faccia schifo l’alcool; avrà motivo di non accettare questa sua caratteristica? non credo; potrà viceversa non accettare il fatto che, a causa di questa, in determinati contesti si potrà trovare escluso, in minoranza, perchè gli altri che lo circondano ne fanno un fatto di comunione, di divertimento, e lui si sente escluso in quanto non partecipa di questa pratica.



    Non accetterà qundi il frutto dell’interazione, in quanto si trova a disagio a causa di questa (ma è solo un esempio banale!)



    In conclusione:


  • ogni forma di non accettazione ha origine sociale, in quanto sociale, dialogico direbbe martin Buber, è lo stesso processo che porta alla formazione dell’io


  • la stessa forma piu’ estrema di non accettazione, l’odio di sè, non mai tale in senso stretto; se ci si odia è perchè non veniamo riconosciuti per quello che noi crediamo di essere, e per quello che crediamo di meritare; non ci tributano quello che crediamo, viceversa, gli altri dovrebbero fare; è, in sostanza, una forma di amore per se stessi, spinto all’estremo.


  • l’io sociale non è un qualcosa di definitivo e di oggettivo, ma, in quanto rapporto, è sempre in bilico;



    -spesso capita che una determinata forma, o maschera, si cristallizzi, e non si riesca a levarsela (i drammi pirandelliani sono esemplari: i vari protagonisti si convincono a tal punto che quella forma rifletta la loro essenza, che non riescono piu’ a levarsela)



    -qualsiasi processo di cambiamento può essere tale solo se riesce in qualche modo a sgretolare la maschera, l’io fittizio che non sentiamo rappresentativo, andando ad incontrare ed a creare una forma piu’ aderente a quel che noi realmente siamo ( o pensiamo di essere, qui la questione è delicata)



    -il miglioramento è nella rappresentazione di sè, mai nel cambiare quello che siamo; il carattere di ognuno è dato una volta per tutte.

    Schopenhauer diceva che “il carattere è il destino di ognuno di noi”.



    Il lavoro di fondo andrà fatto, da un lato in termini di autoanalisi, dall’altro, riuscendo a capire come ci rappresentiamo; sembrerà stupido, ma lo iato tra quello che crediamo di proiettare, e quello che realmente facciamo, alle volte è enorme.



    Provate a riprendervi con una telecamera, è la cosa vi sarà lampante



    Come insegna un Gran Maestro, agite e parlate di fronte allo specchio; imparate ad esser “fighi” di fronte a quello; se non lo siete per voi, non lo sarete neanche per gli altri.



    Nad84

ho già capito che anche questa discussione è destinata a diventare una pietra miliare, date le vostre risposte e le domande che tibuttate sul tavolo.



ecco la mia.

Shark72;3917 wrote:
Aptero, tutto sommato condivido, ma rimarco che :

1) Il confine tra l' accettazione di sè e la mancanza di ambizione con conseguente non attivarsi per migliorare è labile ;
2) Il confine tra la non accettazione, e l' ambizione, è altrettanto labile .

Conosco molte persone che non sono soddisfatte di vari aspetti della loro vita (non accettazione), ma non si sbattono più di tanto per risolverli (mancanza di ambizione) . Ne conosco molte meno, anzi, diciamo nessuna, di gente che fa l' esatto contrario, ovvero è ambiziosa, si migliora anche in modo netto, ma comunque non si accetta ancora.
quindi sei d'accordo con me, ci sono vari tipi di insoddisfazione, ed una di queste è quella che spinge al movimento, all'azione.
e abbiamo detto che sì, accettazione e miglioramento non necessariamente vanno di pari passo, anzi, uno può migliorare esternemente, socialmente, nei risultati delle proprie azioni, ma può non aver fatto mezzo passo internamente, vedi in campo seduttivo, l'utilizzo di routines che migliorano il risultato immediato ma non intaccano minimamente il nucleo interno, la personalità, senza liberare chi le usa, che continua ad avere le stesse paure, gli stessi itmori, a non crescere di un centimetro. e quindi in questo caso ci si attacca agli strumenti esterni per raggiungere risultati che con la sola personalità con il proprio nucleo interno non si riuscirebbero a raggiungere dato che non vi è stato nesusn processo di accettazione di sè e nessun tipo di lavoro su se stessi per liberarsi.
Quote:
Personalmente non do grande valore a quale sia la molla che genera l' automiglioramento, l' importante è farlo, dopodichè il proprio grado di autoaccettazione inevitabilmente salirà .
vedi, è qui che io prendo un'altra strada:
l'automiglioramento non necessariamente passa per l'autoaccettazione.
io posso migliorare internamente, cercare di liberarmi, di eliminare le cattive abitudini soppiantandole con altre ottime, migliorare i miei punti deboli e anche raggiungere esternamente risultati positivi, ma potrei comunque non accettarmi, non accettare quello che sono, continuare a vedere il bicchiere mezzo vuoto, anche miglioramento dopo miglioramento. e questa non è più ambizione, non è insoddisfazione positiva, è incapacità di stare con se stessi, è incapacità di accettare ciò che non posso cambiare di me, è incapacità di accettare la mia personalità anche una volta liberata, perchè questo è un altro problema che sorge, una volta che si ha fatto piazza pulita e si è sulla strada verso la piena libertà d'espressione. se non ti accetti, la tua libertà è monca, perchè non riesci ad apprezzarla.

è un po' come il discorso della felicità che avevamo fatto. il classico posticiparla al futuro incarnandola in qualcosa che non ho, che ancora mi manca, o ricordarla nel passato in qualcosa che avevo e che ho perso. l'accettazione di sè dev'essere qui, ora, altrimenti è un altro istante vissuto a metà, perchè ci si sente in un corpo che non apprezziamo a pieno o perchè si ragiona con una mente che non va perfettamente come vorremmo. e spesso è proprio questo, proprio il non accettare tutto ciò, a creare quei fantasmi.
Quote:
Provo a porgere un'altra domanda, molto correlata a qualla appena discussa.

A uno che non si accetta totalmente, anzi, che non si accetta per nulla, cosa suggeriresti di fare per arrivare alla totale accettazione di sè ?
il primo passo per accettarsi è rilassarsi, cercare di affrontare la vita quotidiana senza quella fretta che non da il tempo di pensare e consuma i giorni che ci passano davanti troppo in fretta. consiglierei di sforzarsi a ragionare nel presente, scacciare il più possibile pensieri che guardino al passato o ad un futuro troppo lontano.
poi, consiglierei di affrontare i propri fantasmi. è il modo più breve per arrivare ad accettarsi.
non è certo il più tranquillo, ma mi pare chiaro che per arrivare alla pace dei sensi si debba fare un po' di sforzo :cool:

come si affrontano i fantasmi?.
innanzitutto si individuano, si cerca di capire COSA non accettiamo a pieno di noi. poi si prova a spiegare razionalmente perchè invece dovremmo accettare quel qualcosa, e per finire ci si butta, ci si mette alla prova, mettendo a nudo quell'aspetto di noi. questa finale è la parte più tosta, dove non bisogna demordere.
devi desensibilizzarti, esporre talmente tanto quel punto debole, che non potrà più farti male.

nad84;3922 wrote:
Premetto: sarà lunghetto! :-P

Dunque, per iniziare quoto Giacomo: la non accettazione è al 99% frutto del confronto con l'esterno; e per capire questo, basta fingersi un ipotetico Robinson Crusue, sulla sua bella isola deserta, la sua preoccupazione principe è il capire come fare a sopravvivere; egl si preoccupa di scacciare gli animali feroci, e di trovare cibo che lo sfami a sufficienza; Robinson non ha problemi di accettazione di sè.
mi trovi in disaccordo.
un Robinson Crusue potrebbe non accettare di sè ad esempio la sua paura nei confronti degli animali feroci, o della sua poca concentrazione che ha come risultato una scarsa capacità nel trovare cibo.
in questi casi potrebbe non accettarsi, e questa non accettazione non è riferita ai risultati delle sue azioni, nel qual caso sarebbe semplice ambizione a migliorarsi, ma è riferita ad aspetti suoi interni, la sua paura, la sua scarsa capacità di concentrazione. è chiaro che per questi il confronto con altri esseri umani potrebbe accentuare il proprio grado di non-accettazione, ma non necessariamente esso nasce dal confronto.
c'è una parte di non accettazione si se stessi che trascende il confronto e riguarda il semplice rapportarci con noi stessi, perchè l'immagine di noi a cui vorremmo assomigliare, non si forma dal solo confronto con gli altri, ma anche da desideri poersonali che prescindono. ad esempio?.
un anziano che non accetta il suo stato fisico provato dagli anni. egli rifiuta questo stato non tanto da un confronto con gli altri, quanto da un confronto con se stesso, in un tempo differente, passato. e qui torna il discorso per cui l'accettazione può avvenire solo nel presente.
Quote:
Il problema si inquadra a partire dalla classica analisi di hegel: ogni coscienza è autocoscienza, che si forma tramite il rapportarsi del soggetto con l'oggetto; in altri termini, è il frutto dell'incontro di ogni persona con la realtà e con le persone di cui essa è popolata.

E’ indiscutibile che l’identità di un soggetto sia frutto del rapporto con gli altri; è tramite il confronto, il dialogo, lo scontro, che noi riusciamo a porre noi stessi come distinti dal resto degli altri, ponendo l’io da una parte, il non-io dall’altra. In altre parole, la nostra è un identità sociale: tutto quello che un uomo deve imparare all’inizio della sua vita lo impara per imitazione: si impara a parlare imitanto i nostri genitori che parlano ( o chi per loro); sviluppiamo le nostre preferenza, i nostri gusti, le nostre abilità per via imitativa. E questo ce lo portiamo per il resto della vita: anche quando non abbiamo piu’ bisogno di tale confronto, continuiamo a percepire la necessità di un’approvazione delle nostre azioni dall’esterno, la necessità di un riscontro.
sì, formiamo le nostre preferenze sulla base del confronto, MA NON SOLO. se non mi piacciono i broccoli, non è che se li mangia mio padre li mangio anch'io. non mi piacciono e così restano le cose.
poi, ripeto, io non parlerei di autoaccettazione relativa ai risultati, conseguenza delle nostre azioni, l'autoaccettazione è solo relativa ad aspetti nostri interni. è solo positiva un'insoddisfazione dettata sui risultati, se c'è dietro un autoaccettazione di sè, perchè è quella che spinge alla crescita. ma bisogna appunto avere sempre chiaro che per quanto possiamo liberare e far risplendere la nostra personalità, quella è, cercare di cambiarla sarebbe una forzatura, ci sono aspetti che sono insiti in noi.

il problema, come sempre, è che parlando di queste cose la maggior parte della gente confonde il liberare sè stessi con il cambiare se stessi. il nucleo centrale di ognuno di noi non cambia, siamo diversi gli uni dagli altri, unici, tutto ciò che si può fare è mantenere splendente il nucleo ed apprendere saperi, crescer ein epserienza, ma il nucleo resta immutato una volta formatosi.

sono d'accordo sul fatto che la ricerca id approvazione sia riferita alle mie azioni, al mio valore sociale, più che ad un mio valore intrinseco.
ma sappiamo bene che per fortuna si può mettere fine a questo comportamento. come?.
solo e semplicemente accettando noi stessi. thumbup09 perchè così la nostra forza non verrà ricercata più all'esterno, bensì all'interno, dentro di noi (e qui si chiude il cerchio).
Quote:
A questo punto la domanda di partenza: perchè uno non si accetta? Questa deriva dal mancato incontro tra l'idea che abbiamo di noi stessi, e l'idea che ci ributtano in faccia gli altri.

La questione capirete che è problematica, perchè butta in campo temi quali "che cosa/ chi sono io?", e "chi/che cosa sono io per gli altri"?
Domande a cui non può realmente rispondere; nessuno di noi può sapere cosa è, dal momento che non si può porre come oggetto, essendo in prima istanza soggetti; dobbiamo quindi porre una finzione teorica:

- io noumenico da una parte, cioè quello che noi realmente siamo, e che solo una divinità potrebbe comprendere dall'alto della sua onniscenza

-io sociale, e sue relative incarnazioni ( o maschere, in gergo pirandelliano)

Quello che non accettiamo è l'io sociale; quello che non accettiamo sono i risultati dell'interazione sociale.

Dopotutto, perchè ci iscriviamo a forum di seduzione? Perchè la nostra immagine sociale non è rimorchiante; ci scontriamo con un dato "oggettivo", cioè il fatto che non scopiamo, o non scopiamo abbastanza, o non scopiamo chi diciamo noi (o cose simili)
per me la non accettazione dell'io sociale è SOLO POSITIVA. ed è quella che io chiamo AMBIZIONE.
la non accettazione dell'io intrinseco, noumenico è quella dannosa, quella che non ci permette di vivere in armonia, la vera non-accettazione.

e sì, se io intrinseco ed io sociale non sono congruenti, non mi accetto, ma quello su cui devo lavorare per accettarmi è l'io intrinseco, perchè è l'unico che non posso cambiare. sull'io sociale posso lavorare quanto mi pare e piace.
ora farò un paragone buffo, ma che spero renda l'idea:
è un po' come per la bocca. l'io noumenico è la Mascella, la parte superiore fissa, mentre l'io sociale è la Mandibola, la parte inferiore, mobile.
sarà l'io sociale a doversi adattare all'io intrinseco liberandosi e riuscendo ad esprimersi in modo pieno. la seduzione è questo, nell'inner game mi accetto totalmente, accetto il mio io intrinseco, nell'outer game lavoro affinchè la mandibola raggiunga la mascella, affinchè le mie aizoni siano il limpido risultato del mio io intrinseco.


Quote:
Non troverete mai nessuno che non accetta le sue reali (ponendo che siano accertabili) caratteristiche:

poniamo una persona cui faccia schifo l'alcool; avrà motivo di non accettare questa sua caratteristica? non credo; potrà viceversa non accettare il fatto che, a causa di questa, in determinati contesti si potrà trovare escluso, in minoranza, perchè gli altri che lo circondano ne fanno un fatto di comunione, di divertimento, e lui si sente escluso in quanto non partecipa di questa pratica.

Non accetterà qundi il frutto dell'interazione, in quanto si trova a disagio a causa di questa (ma è solo un esempio banale!)
e qui, chiaramente dissento.
è proprio sulle proprie caratteristiche intrinseche che si esplicita la non accettazione di sè.
fai l'esempio dell'alcol, ma come per il mio esempio sui broccocli prima, il gusto riguardante un alimento non è soggetto a non-accettazione, per il semplice fatto di non mettere in gioco le capacità del soggetto stesso. è un qualcosa di esterno, l'alcol non fa parte del mio io intrinseco.
un esempio di elemento che può essere sottoposto a non-accettazione?:
la paura o l' impulsività, ad esempio.

riprendendo un attimo quanto ho detto fin'ora, se il mio io intrinseco si forma nei primi anni di vita per confronto iniziale con il mondo, ed una volta formatosi non muta più staccandosi da un concetto di confronto con l'esterno e rimanendo un semplice confronto con se stessi, dovrò cercare di accettarlo. accettarlo però non significa starsene sulla poltrona crogiolandosi nei propri "difetti", significa altresì, come ho scritto prima, affrontare il fantasma, constatandone la presenza e lavorando per desensibilizzarsi ad esso. non lo accetto solo rendendomi consapevole della sua esistenza, ma lo accetto quando capisco che "va bene così com'è", e come per magia, quando arrivo a pensare questo, esso sparisce, da bravo fantasma.

se ho paura, per prima cosa cerco di capire perchè ho paura e di cosa arrivando a ragionare sul perchè dovrei accettare la paura, ed infine mi espongo alla paura, perchè solo così posso accettarla, non certo nascondendola, cercando di non provarla più, ma solo esponendoci posso arrivare ad accettarla e come per magia, questo espormici me la farà passare, perchè mi desensibilizzerò per così dire, l'accetterò.
non è che mi tengo la paura e vivo tremando, altrimenti non sarò mai davvero libero di esprimermi.
Quote:
In conclusione:

- ogni forma di non accettazione ha origine sociale, in quanto sociale, dialogico direbbe martin Buber, è lo stesso processo che porta alla formazione dell'io
se vuoi metterla così, sì, ha origine sociale, ma dopo ciò, ha motivazioni tutt'altro che sociali.
Quote:
- la stessa forma piu' estrema di non accettazione, l'odio di sè, non mai tale in senso stretto; se ci si odia è perchè non veniamo riconosciuti per quello che noi crediamo di essere, e per quello che crediamo di meritare; non ci tributano quello che crediamo, viceversa, gli altri dovrebbero fare; è, in sostanza, una forma di amore per se stessi, spinto all'estremo.
questo è un modo di ragionare viziato da un ottica esterna, in cui si cercano esternamente i pilastri per la nostra autostima e il nostro benessere.
ed è una concezione sbagliata, poichè non porta a nesusn tipo di liberazione, anzi, schiavizza sotto la frusta del feedback esterno.
mi pare che l'abbiamo superata qui. se mi odio è perchè odio il mio io intrinseco, non tanto perchè odio il mio non raggiungere i risultati sperati. in quest'ultimo caso è semplice insoddisfaizone cronica, e sarebbe un odio positivo, che spinge ad agire ancora.
Quote:
- l'io sociale non è un qualcosa di definitivo e di oggettivo, ma, in quanto rapporto, è sempre in bilico;
ed è giusto così, è la creta che noi dobbiamo lavorare, è il 50% del miglioramento personale.
Quote:
-spesso capita che una determinata forma, o maschera, si cristallizzi, e non si riesca a levarsela (i drammi pirandelliani sono esemplari: i vari protagonisti si convincono a tal punto che quella forma rifletta la loro essenza, che non riescono piu' a levarsela)
questo accade quando si confonde l'io sociale con l'io intrinseco.
Quote:
-qualsiasi processo di cambiamento può essere tale solo se riesce in qualche modo a sgretolare la maschera, l'io fittizio che non sentiamo rappresentativo, andando ad incontrare ed a creare una forma piu' aderente a quel che noi realmente siamo ( o pensiamo di essere, qui la questione è delicata)
Quote:
-il miglioramento è nella rappresentazione di sè, mai nel cambiare quello che siamo; il carattere di ognuno è dato una volta per tutte.
Schopenhauer diceva che "il carattere è il destino di ognuno di noi".
sì, appunto sull'io sociale. ma sull'immutabilità dell'io intrinseco ho qualche dubbio ancora, perchè il processo di accettazione di sè comporta un mutamento di alcune condizioni dell'io intrinseco che non accettavamo, le quali una volta accettate è come se smettessero di fare rumore armonizzandosi, c'è un movimento, un cambiamento c'è.



uff, che fatica questa risposta :D
this is my way. pronto per ulteriori spunti.

@nad84 3922 wrote:





Dopotutto, perchè ci iscriviamo a forum di seduzione? Perchè la nostra immagine sociale non è rimorchiante; ci scontriamo con un dato “oggettivo”, cioè il fatto che non scopiamo, o non scopiamo abbastanza, o non scopiamo chi diciamo noi (o cose simili)




  • ogni forma di non accettazione ha origine sociale, in quanto sociale, dialogico direbbe martin Buber, è lo stesso processo che porta alla formazione dell’io


  • la stessa forma piu’ estrema di non accettazione, l’odio di sè, non mai tale in senso stretto; se ci si odia è perchè non veniamo riconosciuti per quello che noi crediamo di essere, e per quello che crediamo di meritare; non ci tributano quello che crediamo, viceversa, gli altri dovrebbero fare; è, in sostanza, una forma di amore per se stessi, spinto all’estremo.





    Nad84




Odio ripetermi, l’ha fatto Nad in maniera più approfondita e meglio argomentata.



Complimenti approposito Nad per la risposta. iconabest

@aptero 3925 wrote:

accettarlo però non significa starsene sulla poltrona crogiolandosi nei propri “difetti”, significa altresì, come ho scritto prima, affrontare il fantasma, constatandone la presenza e lavorando per desensibilizzarsi ad esso. non lo accetto solo rendendomi consapevole della sua esistenza, ma lo accetto quando capisco che “va bene così com’è”, e come per magia, quando arrivo a pensare questo, esso sparisce, da bravo fantasma.


grazie. davvero, grazie.

"Dopotutto, perchè ci iscriviamo a forum di seduzione? Perchè la nostra immagine sociale non è rimorchiante; ci scontriamo con un dato “oggettivo”, cioè il fatto che non scopiamo, o non scopiamo abbastanza, o non scopiamo chi diciamo noi (o cose simili)"



Cazzo se è riduttiva sta frase. Magari vale per qualcuno, ma non per tutti. Personalmente la partecipazione a questo gioco è solo una parte del percorso di crescita ed evoluzione che ho intrapreso. E avere un’immagine sociale rimorchiante non è la mia preoccupazione maggiore, almeno per ora. Sono convinto che, quando riuscirò ad esprimere al 100% la mia personalità, sarò in grado di attrarre le persone che meglio si integrano con la mia personalità. Work in progress. Certo se la vita mi offre la possibilità di rimorchiare, penso sia mio preciso diritto e dovere riconoscerla e sfruttarla al meglio delle mie attuali capacità.



"la stessa forma piu’ estrema di non accettazione, l’odio di sè, non mai tale in senso stretto; se ci si odia è perchè non veniamo riconosciuti per quello che noi crediamo di essere, e per quello che crediamo di meritare; non ci tributano quello che crediamo, viceversa, gli altri dovrebbero fare; è, in sostanza, una forma di amore per se stessi, spinto all’estremo."



Anche su questo la vedo in modo diverso. Forse direi quasi contrario. Ed è la causa per cui, secondo me, la vera felicità e il vero benessere sfuggono alla maggior parte delle persone. Penso che non siano i riscontri esterni a creare la realtà interna, bensì la realtà interna ad interpretare i riscontri esterni. Non è che ci si odia perchè ciò che crediamo di essere e di meritare non viene riconosciuto, spesso siamo noi stessi che non crediamo di meritare ciò che la vita ci offre, e quindi lo rifiutiamo, semplicemente perchè non nutriamo abbastanza amore e fiducia in noi stessi. La Genesi della paranoia. Questo ci porta a perdere grandissime opportunità, in ogni ambito, compreso quello seduttivo. Sinceramente mi sono iscritto a questo forum non tanto per riuscire a farmi qualche chiavata di più, quanto per aumentare la mia abilità nel riconoscere e sfruttare tali occasioni :slight_smile:

Ciao Allanon, tu come ci sei finito su questo sito. E forse più generalmente nel mondo della seduzione e del miglioramento personale? Raccontaci come sei arrivato qui e perché.



Ora devo uscire, però ti dico sinteticamente che ogni generalizzazione è riduttiva. Ma ti posso assicurare che la maggior parte delle persone che si avvicinano a questo mondo è proprio per il motivo suddetto da Nad.



Naturalmente poi, le motivazioni possono evolvere con lo scoprire nuove tematiche del miglioramento personale o per altri motivi.



Ma sempre per l’esempio che facevo prima del forum con, e ne approfitto per correggermi, 1310 iscritti, la gente che arriva e si presenta nell’apposita sezione ti da l’idea di quello che scrivo.

Ho già parlato sul mio topic di presentazione di come ci sono arrivato qua, e di come qualche mese prima avessi già avviato il mio cammino.



Ci sono arrivato proprio perchè non ne potevo più di essere schiavo dei fattori esterni. C’erano cose che erano andate bene e altre che erano andate male nella mia vita (davo ancora giudizi come “buono” o “cattivo”), sicuramente tutto non era andato come mi ero prefissato. Vi erano dei risultati esterni che non ero riuscito a raggiungere: ottenere il lavoro dei miei sogni (giornalista), avere una relazione appagante. Altri invece li avevo raggiunti, ad esempio laurearmi con una buona votazione.



In questo tipo di analisi (che forse è durata mesi, se non anni. Ricordo che probabilmente era iniziata il giorno del mio 25° compleanno, quarto di secolo eheh) ho notato ad un certo punto che qualcosa non andava in me. Non ero poi così soddisfatto dei risultati conseguiti, e non ero riuscito ad impegnare al massimo le mie risorse per arrivare alle mete che ancora mi mancavano.



E mentre stavo sul mio letto ad affligermi con mille paranoie, mi è balzato all’occhio un libro di Dyer. Ho iniziato a leggerlo e ho trovato una nuova prospettiva. Ho iniziato a crearmi una nuova filosofia di vita, sentendomi meglio fin da quasi subito, abbandonando i metri di giudizio che avevo prima, prediligendo la mia soddisfazione personale. E’ un percorso che sta ancora avvenendo, anche se penso di aver trovato giusto 2 giorni fa un altro libro su cui con tutta probabilità potrò basare il secondo gradino di questa scala.



Ad ogni modo, ho man mano trovato una nuova chiave di lettura anche per eventi del passato che riguardavano le aree in cui sentivo di non essermi realizzato. In realtà ne avevo avuto l’opportunità, ma non l’avevo sfruttata.



Avevo lavorato per un anno e mezzo nella redazione di un giornale, ma non mi ero mai impegnato fino in fondo per dare il meglio di me. Vi erano dei blocchi psicologici che me lo impedivano, una paura di espormi, un non sentirsi pronto: sostanzialmente sintomi del fatto che, appunto, inconsciamente ritenessi di non meritare quel posto.



Stessa cosa per le ragazze: ci sono stati periodi della mia vita in cui riuscivo, del tutto inconsapevolmente, a suscitare fascino in alcune ragazze. A volte anche più di una contemporaneamente mi facevano la corte. Ma anche qui, ho sempre avuto paura di non essere all’altezza, finendo per svendermi ad esperienze decisamente poco significative, e che hanno addirittura assopito a lungo la mia naturale predisposizione all’interazione col gentil sesso. In pratica m’era passata la voglia di provarci.



In pratica la vita mi aveva offerto tutto ciò che avevo sempre desiderato, ma non ero stato in grado di afferrarne che una piccola parte. A causa del giudizio che davo di me e del mondo, nonostante uno spirito sostanzialmente ottimista, non riuscivo a trarre la giusta soddisfazione nemmeno da quella parte. Questo l’ho capito solamente dopo aver incontrato nuovi punti di vista, sia su libri che su questo sito, che ho trovato combinando le ricerche tra Dyer e seduzione, per vedere se questo nuovo approccio alla vita potesse darmi anche qualcosa in questo ambito :slight_smile:

In ambito lavorativo ho iniziato a vedere come utilizzare al meglio il mio attuale lavoro per acquisire nuove conoscenze, e per approfondire argomenti interessanti che la professione giornalistica non mi avrebbe dato modo di far miei. Al contempo, ho approfondito invece gli strumenti comunicativi comuni alle due professioni. Il risultato mi sta dando buone soddisfazioni :slight_smile:

Vorrei raccontarvi una cosa un pò personale che purtroppo necessita di una antefatto premetto che vi sto per dire una cosa da presa per il culo “da persone normali”, ma spero serva come esperienza.Preparate i violini :wink:

Circa 1 anno fa mio padre e stato ricoverato per un calcolo (pensa te se se ne accorgevano prima) alla cistifellea e se non fosse stato operato di urgenza avrebbe rischiato parecchio.

Nella stessa settimana per un errore di distrazione mi sono spappolato un dito(rotto in 2 punti e tendine quasi taglito del tutto) e sono dovuto stare con il dito fasciato per piu di un mese .

I problemi mi si sono tutti incrociati non trovavo nessuno che mi desse una mano(e mi toccava lavorare lo stesso con 1 sola mano) in laboratorio (poi fortunatamnte un amico di mio cognato e venuto ad aiutarmi) i clienti mi dicevo di tutto perché rallentavo il lavoro , fermo di un mese sia di palestra che spada.

Capodanno al solito tristissimo in 4 a vedere film (e solo perche la moglie dello sposato del gruppo lavorava quella sera) e giocare a videogiochi.

Hai primi di gennaio finalmente mi levano del tutto la fasciatura ricomincio il solito tram tram ma sento in me crescere un qualcosa che non capisco, finche una sera dopo allenamento questa cosa che sentivo si palesa in modo inaspettato , finito l’allenamento (dove più del solito ho preso delle bastonate) scappo letteralmente dalla palestra (mi doccio mi cambio senza fare una parola ), torna a casa mangio e mi preparo per la notte , sono in bagno mi sto gurdando allo specchio e mi scendo delle lacrime dagli occhi (non sto scherzando) e l unica cosa che mi viene in mente da dire e “FACCIO SCHIFO”.



Credo sia stato il momento più basso della mia vita il mio fare schifo non era solo legato all’ non essere bravo come altri a kendo o di essere un rimorchiatore o di non avere una parlantina spigliata era (con il senno di poi) che non ci stavo ad essere così castrato da una vita di “non devi essere così” "devi essere umile " “ce sempre qualcuno migliore di te” e via così.

Pur essendo stato il mio momento più basso e stato anche il momento in cui o deciso che dovevo e potevo far qualcosa per me stesso non stare più a pensare cosa vogliono gli altri da me (i genitori “lavora sacrificati se riamane tempo divertiti” gli amici “cerchiamo di fare qualcosa che piace a tutti se qualcosa piace a te ma non a noi devi sacrificarti e non farla” ecc…) o cosa vuole la società da me.



Se nell automigliorami che sto facendo ne verrà fuori che diventerò anche un seduttore ben venga se no amen.



Tutto questo e solo per dire che non sempre il migliorasi e lo faccio per essere accettato socialmente , perche nel mio caso il lavoro che sto facendo su me stesso non e detto che mi porti vantaggi nell’ ambito sociale , ma di sicuro sto meglio con me stesso più di 1 anno fà.



Vi aggiungo anche questa piccola esperienza sociale ho incontrato una ragazza con cui ci avevo provato ( dovrei appena posso spiegarvi che quando non ci ho provato attivamente la attiravo molto un po come diceva sopra di me Allanon) la prima cosa che ho fatto appena l’ho vista a questa specie di festa e stata (cmq ero leggermente brillo) avvicinarla e darle il classico doppio bacio sulla guancia le ho parlato per un bel pò e quando me ne sono andato l’ho ripresa e secondo giro di doppio bacio … una anno fà non l avrei mai fatto .

Ciao a tutti

  1. Il desiderio di migliorare PER SE’, e non per dar conto agli altri, è una GRANDISSIMA cosa
  2. Per tornare ad essere, o diventare, grandi in qualcosa, a volte è necessario e terapeutico toccare il fondo.



    Grazie Aigor.

Lo do io lo spunto.

Esco (di nuovo) dalla schiera dei lettori senza voce per raccontarvi una cosa.

Potrebbe sembrare un pensiero inutile o una perdita di tempo, ma penso che possa anche aiutare. In questa discussione ci sono 4 pagine di parole, ma non sembra esserci qualcosa in grado di riassumere in poche evocative parole il concetto profondo riportato da aptero e lo spagnolo.



Così riflettendo (cammino 15 minuti per 2 volte al giorno per andare al lavoro e durante questo tempo ammazzo il tempo pensando a cose inutili) ho scoperto che vi è una canzone che concentra in poche righe tutta questa discussione.



La canzione è bellissima ed è… Stairway to heaven dei Led Zeppelin. No, non ho fatto uso di stupefacenti. La canzone ha un testo molto “generico” che facilmente si carica di molti significati, io così ho interpretato l’ultima parte.



Il testo è questo:

"And as we wind on down the road

Our shadows taller than our soul

There walks a lady we all know

Who shines white light and wants to show

How everything still turns to gold

And if you listen very hard

The truth will come to you at last

When all are one and one is all

To be a rock and not to roll



And she’s buying a stairway

To heaven…"



Interpretazione e traduzione:



"And as we wind on down the road

Our shadows taller than our soul"



trad: e scendiamo in strada, le nostra ombre più alte delle nostre anime



per esprimere il fatto che ci troviamo in una condizione nella quale siamo demotivati, non stiamo mettendo l’“animo” nelle cose che stamo facendo (l’ombra infatti è più alta della nostra anima)



"There walks a lady we all know

Who shines white light and wants to show

How everything still turns to gold "



trad: C’è una signora che tutti conosciamo, che splende di luce bianca e che vuole mostrare come tutto si tramuta ancora in oro



Ci sono delle persone che incontriamo nella quotidianità che appaiono circondate da un alone magico (luce bianca) e paiono gestire con successo ogni situazione (tramutano tutto in oro, nonostante tutto). Ci sono veramente ne ho incontrate alcune.



"And if you listen very hard

The truth will come to you at last"



trad: e se ascolti con attenzione alla fine raggiungerai la verità



osservando con attenzione queste persone puoi scoprire cosa li mantiene in quello stato



"When all are one and one is all "



trad: quando tutto è uno ed uno è tutto.



Comprenderai il loro segreto quando sarai “centrato su te stesso” (tutto è uno) e quando sei pienamente presente nella realtà che ti circonda (uno è tutto, come dicono le filosofie orientali quando dicono che devi essere l’aria che respiri, il terreno su cui poggi, ecc… per essere nel presente)



"To be a rock and not to roll"



trad: per essere una roccia e non rotolare



Per essere il motore immobile della tua realtà e non lasciarti trascinare dagli eventi e dagli altri.



"And she’s buying a stairway

To heaven…"



trad: e (la signora) sta comprando una scala per il paradiso



In quello stato la persona sta migliorando e si sta "elevando"





Ora sentite la canzone e ditemi che effetto vi fa!

Non mi metto ad analizzare anche la parte prima per ovvi motivi…

Io dopo aver riflettuto su questo quando ascolto “stairway to heaven” (che è bella già di per se) automaticamente ripenso a tutto ciò che è stato espresso in questa discussione in modo inconscio e mi sento subito meglio.



Spero che vi faccia anche a voi lo stesso effetto

ciao

Bella interpretazione, e… Benvenuto!! :slight_smile:

Alla fine si puo toccare il fondo del pozzo ma se si esce dal pozzo si puo capire quanto e vasto il cielo :wink: